Era il 23 maggio del 1992, mio padre in quei mesi precedenti, aveva fatto molte volte la spola tra Taranto e Palermo per lavoro e ricordo vagamente che pochi giorni prima, ci era ritornato, proprio li.
Credo fosse la FinCantieri del porto di Palermo, dove c'era una filiale della ditta di Taranto che aiutava nella manutenzione degli impianti delle costruzioni navali.
Quando si ebbe la notizia della Strage di Capaci, io da bambino di 10 anni non potevo capire, sapevo poco, vedevo tutti quei notiziari, quel giorno nei video sentivo tutte quelle sirene, vedevo tutto quel fumo.
Tanto che per togliermi la paura, l'anno seguente mio padre decise di andarci in vacanza in Sicilia, tra Messina, Palermo, Monreale, Agrigento e Taormina. E in effetti la trovata fu azzeccatissima, capì la differenza tra la gente comune, le bellezze di un posto e quello che invece si sparla, alle volte esagerando e facendo di tutta l'erba un fascio con i massmedia.
Ma comunque rimase impressa, una scena, delle parole, di pianto e disperazione.
Quelle della moglie di Vito Schifani ai funerali delle vittime, la signora Rosaria.
Fu uno degli uomini della scorta di Giovanni Falcone, dilaniato insieme a tutti gli altri agenti e la moglie del giudice, sull'autostrada che dall'areoporto di Punta Raisi porta a Palermo.
"Vi perdono, ma vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare....(...ma loro non cambiano...)"
Queste parole hanno risuonato più volte negli anni seguenti, in tutti gli speciali sulla mafia e in tutte le volte che si è tornati a celebrare quel triste anniversario.
Leggevo oggi sul corriere, che la vedova Schifani è tornata a Palermo, con il suo bambino di 15 anni, che all'epoca della strage aveva solo 4 mesi. Per fargli vedere, la città dove avrebbero dovuto vivere, ma che lasciò preferendo la Toscana per il piccolo Manù. Eccovi parte dell'intervista.
"E Manù ha scoperto solo adesso con inquietudine i vicoli, le casette basse fra lungomare e cimitero dei Rotoli, gli angoli abbelliti, ma anche il disastro della vicina Arenella, la spazzatura agli angoli, le costruzioni abusive. Con gli occhi di un ragazzo stupito, disorientato davanti alla città ritrovata: «Mamma perché Palermo è così bella e così brutta?». Rosaria ha ricostruito la sua vita lontano da Vergine Maria e dall'Uditore, il quartiere dei genitori. Ma ha voluto accompagnare Manù nella città da dove l'aveva portato via. Ha ripercorso le strade dell'infanzia, ha rivisto parenti, incrociato conoscenti.Qui c'è l'intervista completa: corriere.it
Un viaggio, un calvario. La prima posta è la casa natia, due ulivi, il mare di fronte. Una donna s'avvicina, incerta. «Sei la figlia di Lina?». «Ho colto affetto. Ma è scattato subito un rifiuto», spiega Rosaria turbata su queste viuzze a due passi dal cimitero. Le case dei vivi a ridosso delle tombe. Le case sulla costa dominate da croci e gentilizie che scivolano sul pendio. Morte e vita impastate. «Gli uomini non si avvicinano. Contorti come i vicoli. Hanno paura, incontrandomi, fermandosi e parlando, di dare l'impressione di pensarla come me. E allora tanti fingono di non vedermi: meglio non averci a che fare. E gli sguardi mi attraversano come fossi trasparente. Ma non dovrebbe essere il contrario? Dovrei essere io a non volere avere a che fare con loro». Manù osserva e chiede: «Si vergognano di te, mamma?»."
Che triste pensare che non sia cambiato niente nella mentalità della gente, non ci voglio credere, perchè so che non è cosi, soprattutto fra i giovani, ma credo invece che lo stato si sia quasi fermato, lavori molto lentamente, mentre la mafia corre, silenziosamente ma continua a correre.
Tra i giovani questo non può accadere, sono certo che non è cosi. Perchè quei giovani sono cresciuti diversamente, sono cresciuti con i fatti (quelli che adesso non si vedono più), sono cresciuti con morti e terrore.
Falcone, Borsellino, Impastato e tutte quelle persone che hanno gridato al mondo...adesso gridano in pochi è questo il problema, bisogna gridare di più.
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