venerdì 13 aprile 2007

La principessa Ecate

C'era una volta una giovane principessa di nome Ecate. Questa bella e giovane donna viveva nel regno di Pergusa, un regno che nei tempi più floridi, era il più ricco e il più felice fra tutti i regni. Era figlia del re Minosse, il più giusto e il più buono fra i regnanti della vasta pianura. Non c'erano rivalità, perchè c'era stima reciproca fra tutti i regni della vasta pianura.
Si viveva nella fratellanza a Pergusa e tutti i suoi sudditi avevano un grande rispetto per il loro re, perchè lui allo stesso modo amava loro.
Un bel giorno però scoppiò una terribile guerra, salì al potere il perfido re Ade, nel regno più vicino della vasta pianura. Non volle risparmiare il regno di Pergusa e volle conquistarlo da cima a fondo. Nella terribile battaglia per salvare la città, il re Minosse da eroe perse la vita, insieme a molti suoi soldati e le case della città furono saccheggiate. Venne rubato tutto ciò che di prezioso fosse custodito e portati via tutti i frutti, i cibi e le bevande migliori che il castello del re conservava da secoli, per sé e per tutto il suo popolo.
Passarono cinque anni e con non poca fatica, il regno riprese a vivere.
Furono tempi duri e ne risentì molto la gente, la quale oltre ad aver perso tanto dovette fare i conti con la principessa Ecate.
Dopo la morte di suo padre Minosse, infatti, fu lei a prendere le redini della situazione, lei, fra tutti del regno, colpiti dall'ultima guerra, fu l'unica a cui, anche se con il dolore della perdita del padre, continuò non mancare niente: il suo castello, le sue proprietà, i suoi ricchi e sfarzosi pasti, a cui era stata sempre abituata sin da piccola; sin da quando il re Minosse la coccolava fra le sue braccia e le raccontava dolci fiabe per regalarle le buoni e tranquille notti.
Però la morte di suo padre la colpì. La colpì cosi tanto, che per mesi e mesi non volle più vedere nessuno. Quando riprese un po' di vitalità, cominciò a rifrequentare la città, ma guardava i suoi sudditi, con la voglia di fulminare chiunque. Perchè in sé, nutriva odio, credeva che fossero stati proprio loro, con la poca fedeltà, con l'ingenuità a non aver garantito e tutelato la vita del proprio re.
Ben presto tutti cominciarono ad odiarla, e quando si parlava di lei in città, nei discorsi, non si faceva altro che rimpiangere suo padre.
Una notte, fra le più tranquille che il regno ricordi, il cielo fu illuminato di lampo e alcuni in città svegliatisi per questo, videro un grande raggio di luna entrare, per la finestra del castello, proprio passando per la finestra di Ecate.
Fu una notte insonne per la principessa, furono incubi orrendi. Sognò uno strano vecchio, che la minacciò, dicendole che ben presto avrebbe perso la poca felicità rimasta in lei, avrebbe fatto fatica a respirare ogni qual volta si arrabbiasse con qualcuno e le sue grida di disperazione, sarrebbero state ascoltate fino ai confini della vasta pianura. Disse ancora, che, solo una cosa poteva salvarla da tutto questo, solo questa cosa le avrebbe riportato la felicità, solo questa poteva farla sperare ancora, poteva salvarla da una morte sicura, da una morte infelice, triste e in solitudine.
Dopo quella notte, la principessa, penso a quel vecchio e a come avrebbe potuto procurarsi la felicità.
A corte arrivarono tra i più bravi e rinomati giullari di corte, amati e ricercati in tutta la vasta pianura. Provarono a strapparle qualche sorriso. Alcuni ci riuscirono, ma fu solo per pochi secondi. Ecate allora penso che avesse bisogno di persone al suo fianco che la facessero felice in altri modi, cominciò a pensare che la felicità potessero dargliela alcuni inservienti. Cominciò così a comandare a corte, qualsiasi tipo di stravaganza le fosse venuta in mente, che le potesse gustare: piatti artistici, animali esotici da custodire, gioielli e vestiti della più rara produzione. Tutti lì ai suoi piedi, ma niente, questa felicità continuava a non trapelare, erano sorrisi, alternati a vuoti, fatti di pianto e di disperazione.
Pensò allora, che forse avesse bisogno di un uomo, lei principessa, avesse bisogno di un vero principe al suo fianco che la facesse felice. Qualcuno che la potesse coccolare come aveva fatto suo padre quand'era piccolina, qualcuno che con l'affetto potesse farle tornare la felicità e la gioia di vivere. Arrivarono a corte tra i più belli e ricchi principi della vasta pianura e non. Alcuni valorossisimi, forti e vigorosi. Tra questi c'era chi era tornato vittorioso da guerre e premiato con i più grandi e ricchi possedimenti. Cercavano in tutti i modi di conquistarla, chi ci provava baciandola, chi le recitava poesie, chi invece la cercava con i loro intensi occhi color cielo e provava a donarle felicità, a farla sorridere, magari un sorriso di timidezza.
In molti credettero di esserci riusciti, ma invece no, tutti praticamente ritornarono a casa a mani vuote, senza amore e senza aver fatto felice la giovane e bella Ecate.
Lei continuava nel suo letto disperata, pensava alla morte, pensava come avrebbe potuto continuare una vita così triste e malinconica e soprattutto dove mai sarebbe riuscita a trovare questa cosa che le avrebbe ridato questa felicità perduta e tanto desiderata.
Una mattina appena sveglia, apri le finestre della sua stanza e vide da lontano un giovane ragazzino nell'immenso giardino del castello. Con fare lesto e furtivo raccoglieva i buoni frutti, che nascevano e che venivano accuratamente coltivati a corte.
Ecate come sempre, quando vedeva un suo suddito, e a maggior ragione in questa occasione, che lo vedeva rubare dentro il suo castello, s'innervosì, cominciò a gridare alle guardie e non finiva d'imprecare contro quell'essere, che lì lontano, nel mezzo del suo giardino, continuava indisturbato a scradicare tutto e ad infilare i frutti in grossi sacchi. Allo stesso momento continuava da quella famosa notte insonne, la maledizione che le bloccava il respiro, ogni qualvolta si arrabbiasse con qualcuno.
Giunsero le guardie nella sua stanza, con il ragazzino, glielo presentarono ai suoi occhi. Il giovane si chiamava Dioniso, aveva il volto segnato da grandi ustioni, camminava zoppo e gli mancava un braccio.
Ecate rimase stupita dal giovane Dioniso, non poteva credere che un ragazzino così giovane, potesse già aver vissuto e conservare sul proprio corpo, segni che normalmente si riconoscono in persone molto più anziane di lui e con poca vita ancora davanti. Provo un senso di pena e di curiosità allo stesso tempo.
Chiese alle guardie, di lasciarli soli, perchè quel volto che aveva di fronte a lei, nascondeva in sé un libro pieno di pagine da scoprire.
Dioniso era intimorito da Ecate, sapeva bene quello che si diceva di lei in città, cosi tento di scappare dalla stanza, ma Ecate con voce dolce e serena lo fermò e gli chiese se aveva voglia di fare due passi nel giardino del castello.
Con non poca inquietudine Dioniso accettò, e cominciarono a passeggiare per l'immenso giardino di corte. Dioniso le raccontò che ai tempi della guerra da poco passata, aveva perso tutta la sua famiglia, un incendio devastò la sua casa, morirono tutti, si salvarono solo lui e il suo piccolo fratellino, che da tempo accudiva e a cui faceva da padre e madre allo stesso tempo. Infatti i frutti che stava rubando erano per lui, perchè suo fratello era rimasto paralizzato da quell'incendio e in più parlava poco, perchè la perdita dei familiari in lui fu ancora più forte che in Dioniso. Ma era felice lo stesso, perchè accudire il suo fratellino era la cosa più importante nella sua vita, un motivo per essere felici di vivere per lui era proprio aiutarlo.
Ecate fu rapita da un senso di profondo rammarico, penso quanto la vita fosse stata crudele con i due ragazzini, sicuramente molto più che con lei. Così raccolse alcuni di quei frutti che poco prima Dioniso stava rubando e gliel'infilò nei sacchi, chiese poi a Dioniso di aiutarla a raccoglierli. Dopo aver riempito pieni tutti i sacchi i due si guardarono e Ecate sorrise, Dioniso le rispose con altrettanta allegria in volto. I 2 si salutarono con un abbraccio e Dioniso ritorno in città.
Tornando nel castello la principessa, senti dentro di sé qualcosa che non provava da molto tempo, sentì che forse quello che aveva sempre cercato era li, in quei gesti, in quel momento vissuto poco prima sotto quegli alberi.
Si sentiva una gioia dentro e quella notte sognò, sognò di trovarsi in paradiso.
Non passarono che poche ore dall'alba, si vestì di tutta fretta, andò nelle cucine del castello e fece altri piccoli sacchetti di cibo e bevande. Scese in città, chiedendo a tutti dove abitasse Dioniso, il giovane Dioniso e il suo fratellino.
Giunta alla loro porta, bussò e Dioniso le aprì, non gli diede il tempo di dirle "buongiorno principessa", che Ecate le porse i sacchi con i cibi e le bevande del castello insieme ad uno spiccato sorriso sulle sue guance. Dioniso le rispose sorridendo anche lui.
Pranzarono tutti e tre insieme, Ecate continuava a non credere ai proprio occhi, si sentiva cosi felice e piena di vita dentro, che avrebbe voluto fermarsi con loro ancora per ore ed ore.
La notizia si sparse per tutta la città, neanche i sudditi credevano a quello che si diceva della principessa.
Da quel giorno Ecate no perse un solo istante per aiutare e donare al proprio popolo, tutto quello di cui avessero avuto bisogno, dalle cure mediche costose al bestiame per l'allevamento, dal cibo alle feste con balli e canti.
Aveva trovato finalmente quella cosa, che le venne raccontata nell'incubo, donare agli altri era la cosa che la rendeva felice. La disperazione e il pianto l'abbandonarono, e anche quel maledetto respirar male che alle volte la colpiva quando si arrabbiava con gli altri l'abbandonò. Con lei tutto il regno tornò finalmente allo splendore.

Vedete fratellini Ecate aveva capito, che non erano gli altri o qualcosa in particolare a farla felice, la felicità di stare insieme agli altri è solo un sorriso, qualcosa di passaggio, la pioggia lava via tutto e viene il pianto e la disperazione. Se gli altri e se tanta gente hanno cura di noi, noi sorridiamo, ma dentro in realtà non c'è la vera felicità.
La felicità piena e duratura, si conserva facendo sorridere e facendo felici gli altri, è lei quella vera!Se doni qualcosa, anche solo un sorriso, in cambio riceverai solo felicità, non aspettate che ve la donino gli altri o ve la donino le cure e le attenzioni che gli altri ci danno.

eee si!
Triste, ma vero, miei fratellini, ho lasciato anche voi lì.
Ritornerò presto però, parola del vecchio Hathi!


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